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II Corinzi 11 IRB20

« L’apostolo Paolo e i falsi apostoli

1. Quanto desidererei che sopportaste da parte mia un po’ di follia! Ma, pure, sopportatemi!

2. Poiché io sono geloso di voi di una gelosia di Dio, perché vi ho fidanzati a un unico sposo, per presentarvi come una casta vergine a Cristo.

3. Ma temo che, come il serpente sedusse Eva con la sua astuzia, così le vostre menti siano corrotte e sviate dalla semplicità e dalla purezza rispetto a Cristo.

4. Infatti, se uno viene a predicarvi un altro Gesù, diverso da quello che abbiamo predicato noi, o se si tratta di ricevere uno Spirito diverso da quello che avete ricevuto, o un vangelo diverso da quello che avete accettato, voi ben lo sopportate!

5. Ora io stimo di non essere stato in nulla da meno di questi sommi apostoli.

6. Ma anche se sono rozzo nel parlare, non lo sono però nella conoscenza; e l’abbiamo dimostrato tra di voi, in tutti i modi e in ogni cosa.

7. Ho io commesso peccato quando, abbassando me stesso perché voi foste innalzati, vi ho annunciato l’evangelo di Dio gratuitamente?

8. Ho spogliato altre chiese, prendendo da loro un salario, per poter servire voi

9. e quando, durante il mio soggiorno fra voi, mi trovai nel bisogno, non fui di peso a nessuno, perché i fratelli, venuti dalla Macedonia, supplirono al mio bisogno; in ogni cosa mi sono astenuto e mi asterrò ancora dall’esservi di peso.

10. Com’è vero che la verità di Cristo è in me, questo vanto non mi sarà tolto nelle contrade dell’Acaia.

11. Perché? Forse perché non vi amo? Dio lo sa.

12. Ma quello che faccio lo farò ancora per togliere ogni occasione a quanti desiderano un pretesto per essere considerati uguali a noi in ciò di cui si vantano.

13. Quei tali sono dei falsi apostoli, degli operai fraudolenti, che si travestono da apostoli di Cristo.

14. E non c’è da meravigliarsene, perché anche Satana si traveste da angelo di luce.

Le sofferenze dell’apostolo Paolo

15. Non è dunque gran cosa se anche i suoi ministri si travestono da ministri di giustizia; la fine loro sarà secondo le loro opere.

16. Lo dico di nuovo: nessuno mi prenda per pazzo o, se no, accettatemi anche come pazzo, affinché anch’io possa vantarmi un po’.

17. Quello che dico, quando mi vanto con tanta fiducia, non lo dico secondo il Signore, ma come un pazzo.

18. Poiché molti si vantano secondo la carne, anch’io mi vanterò.

19. Difatti voi, che siete saggi, li sopportate volentieri i pazzi.

20. Che se uno vi riduce in schiavitù, se uno vi divora, se uno vi prende il vostro, se uno s’innalza sopra voi, se uno vi percuote in faccia, voi lo sopportate.

21. Lo dico a nostra vergogna, come se noi fossimo stati deboli, eppure, di qualunque cosa uno possa vantarsi - parlo da pazzo - oso vantarmene anch’io.

22. Sono Ebrei? Lo sono anch’io. Sono Israeliti? Lo sono anch’io. Sono discendenza di Abraamo? Lo sono anch’io.

23. Sono ministri di Cristo? - Parlo come uno fuori di sé - io lo sono più di loro, più di loro per le fatiche, più di loro per le prigionie, assai più di loro per le percosse sofferte. Sono spesso stato in pericolo di morte.

24. Dai Giudei cinque volte ho ricevuto quaranta colpi meno uno;

25. tre volte sono stato battuto con le verghe; una volta sono stato lapidato; tre volte ho fatto naufragio; ho passato un giorno e una notte nell’abisso.

26. Spesse volte in viaggio, in pericolo sui fiumi, in pericolo di ladroni, in pericoli da parte dei miei connazionali, in pericoli per parte dei Gentili, in pericoli in città, in pericoli nei deserti, in pericoli sul mare, in pericoli tra falsi fratelli,

27. in fatiche e in pene; spesse volte in veglie, nella fame e nella sete, spesse volte nei digiuni, nel freddo e nella nudità.

28. E, per non parlare d’altro, c’è quello che mi assale tutti i giorni, l’ansietà per tutte le chiese.

29. Chi è debole che io non sia debole? Chi è scandalizzato che io non frema per lui?

30. Se bisogna vantarsi, io mi vanterò delle cose che concernono la mia debolezza.

31. Il Dio e Padre del nostro Signore Gesù, che è benedetto in eterno, sa che io non mento.

32. A Damasco, il governatore del re Areta aveva posto delle guardie alla città dei Damasceni per arrestarmi,

33. ma da una finestra fui calato, in una cesta, lungo il muro, e scampai dalle sue mani.

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