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II Corinzi 11 NR06

« Servizio di Paolo contrapposto a quello dei falsi apostoli

1. Vorrei che sopportaste da parte mia un po’ di follia! Ma sì, già mi state sopportando!

2. Infatti sono geloso di voi della gelosia di Dio, perché vi ho fidanzati a un unico sposo per presentarvi come una casta vergine a Cristo.

3. Ma temo che come il serpente sedusse Eva con la sua astuzia, così le vostre menti vengano corrotte e sviate dalla semplicità {e dalla purezza} nei riguardi di Cristo.

4. Infatti, se uno viene a predicarvi un altro Gesù, diverso da quello che abbiamo predicato noi, o se si tratta di ricevere uno spirito diverso da quello che avete ricevuto, o un vangelo diverso da quello che avete accettato, voi lo sopportate volentieri.

5. Stimo infatti di non essere stato in nulla inferiore a quei sommi apostoli.

6. Anche se sono rozzo nel parlare, non lo sono però nella conoscenza; e lo abbiamo dimostrato tra di voi, in tutti i modi e in ogni cosa.

7. Ho forse commesso peccato quando, abbassando me stesso perché voi foste innalzati, vi ho annunciato il vangelo di Dio gratuitamente?

8. Ho spogliato altre chiese, prendendo da loro un sussidio, per poter servire voi.

9. Durante il mio soggiorno tra di voi, quando mi trovai nel bisogno, non fui di peso a nessuno, perché i fratelli venuti dalla Macedonia provvidero al mio bisogno; e in ogni cosa mi sono astenuto e mi asterrò ancora dall’esservi di peso.

10. Com’è vero che la verità di Cristo è in me, questo vanto non mi sarà tolto nelle regioni dell’Acaia.

11. Perché? Forse perché non vi amo? Dio lo sa.

12. Ma quello che faccio lo farò ancora per togliere ogni pretesto a coloro che desiderano un’occasione per mostrarsi uguali a noi in ciò di cui si vantano.

13. Quei tali sono falsi apostoli, operai fraudolenti che si travestono da apostoli di Cristo.

14. Non c’è da meravigliarsene, perché anche Satana si traveste da angelo di luce.

15. Non è dunque cosa eccezionale se anche i suoi servitori si travestono da servitori di giustizia; la loro fine sarà secondo le loro opere.

Sofferenze di Paolo

16. Nessuno, ripeto, mi prenda per pazzo; o se no, accettatemi anche come pazzo, affinché anch’io possa vantarmi un po’.

17. Quel che dico quando mi vanto con tanta sicurezza non lo dico secondo il Signore, ma come se fossi pazzo.

18. Poiché molti si vantano secondo la carne, anch’io mi vanterò.

19. Ora voi, pur essendo savi, sopportate volentieri i pazzi!

20. Infatti se uno vi riduce in schiavitù, se uno vi divora, se uno vi prende il vostro, se uno s’innalza sopra di voi, se uno vi percuote in faccia, voi lo sopportate.

21. Lo dico a nostra vergogna, come se noi fossimo stati deboli; eppure qualunque cosa uno osi pretendere (parlo da pazzo), oso pretenderla anch’io.

22. Sono Ebrei? Lo sono anch’io. Sono Israeliti? Lo sono anch’io. Sono discendenza di Abraamo? Lo sono anch’io.

23. Sono servitori di Cristo? Io (parlo come uno fuori di sé) lo sono più di loro; più di loro per le fatiche, più di loro per le prigionie, assai più di loro per le percosse subite. Spesso sono stato in pericolo di morte.

24. Dai Giudei cinque volte ho ricevuto quaranta colpi meno uno;

25. tre volte sono stato battuto con le verghe; una volta sono stato lapidato; tre volte ho fatto naufragio; ho passato un giorno e una notte negli abissi marini.

26. Spesso in viaggio, in pericolo sui fiumi, in pericolo per i briganti, in pericolo da parte dei miei connazionali, in pericolo da parte degli stranieri, in pericolo nelle città, in pericolo nei deserti, in pericolo sul mare, in pericolo tra falsi fratelli;

27. in fatiche e in pene; spesse volte in veglie, nella fame e nella sete, spesse volte nei digiuni, nel freddo e nella nudità.

28. Oltre a tutto il resto, sono assillato ogni giorno dalle preoccupazioni che mi vengono da tutte le chiese.

29. Chi è debole senza che io mi senta debole con lui? Chi è scandalizzato senza che io frema per lui?

30. Se bisogna vantarsi, mi vanterò della mia debolezza.

31. Il Dio e Padre del Signore Gesù, che è benedetto in eterno, sa che io non mento.

32. A Damasco il governatore del re Areta aveva posto delle guardie nella città dei Damasceni per arrestarmi;

33. e da una finestra fui calato, in una cesta, lungo il muro, e scampai alle sue mani.

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