Qoelet 2 DB1885
1. IO ho detto nel cuor mio: Va' ora, io ti proverò con allegrezza, e tu goderai del bene; ma ecco, questo ancora è vanità.
2. Io ho detto al riso: Tu sei insensato; ed all'allegrezza: Che cosa è quel che tu fai?
3. Io ho nel mio cuore ricercato il modo di passar dolcemente la vita mia in continui conviti; e, reggendo il mio cuore con sapienza, di attenermi a stoltizia; finchè vedessi che cosa fosse bene a' figliuoli degli uomini di fare sotto il cielo, tutti i giorni della vita loro.
4. Io ho fatte dell'opere magnifiche; io mi ho edificate delle case; io mi ho piantate delle vigne.
5. Io mi ho fatti degli orti e de' giardini; ed ho piantati in essi degli alberi fruttiferi di ogni maniera.
6. Io mi ho fatte delle pescine d'acqua, per adacquar con esse il bosco ove crescono gli alberi.
7. Io ho acquistati de' servi e delle serve, ed ho avuti de' servi nati ed allevati in casa; ho eziandio avuto molto grosso e minuto bestiame, più che tutti quelli che sono stati innanzi a me in Gerusalemme.
8. Io mi ho eziandio adunato dell'argento, e dell'oro, e delle cose le più care dei re, e delle provincie; io mi ho acquistato de' cantori e delle cantatrici; ed ho avute delle delizie degli uomini, d'ogni maniera: musica semplice, e musica di concerto.
9. E mi sono aggrandito ed accresciuto più che tutti quelli che sono stati innanzi a me in Gerusalemme; la mia sapienza eziandio mi è restata.
10. E non ho sottratta agli occhi miei cosa alcuna che abbiano chiesta; e non ho divietato il mio cuore da niuna allegrezza; anzi il mio cuore si è rallegrato d'ogni mia fatica; e questo è stato quello che mi è tocco in parte d'ogni mia fatica.
11. Ma, avendo considerate tutte le mie opere che le mie mani aveano fatte; e la fatica che io avea durata a farle, ecco, tutto ciò era vanità, e tormento di spirito; e non vi è di ciò profitto alcuno sotto il sole.
12. Laonde mi son rivolto a vedere la sapienza, e le follie, e la stoltizia; perciocchè, che cosa sono gli altri uomini, per poter seguitare il re? essi fanno ciò che hanno già fatto.
13. Ed ho veduto che la sapienza è più eccellente che la stoltizia; siccome la luce è più eccellente che le tenebre.
14. Il savio ha i suoi occhi nel capo, e lo stolto cammina in tenebre; ma pure eziandio ho conosciuto che un medesimo avvenimento avviene ad essi tutti.
15. Laonde ho detto nel cuor mio: Egli avverrà anche a me il medesimo avvenimento che allo stolto; che mi gioverà egli adunque allora d'essere stato più savio? perciò ho detto nel cuor mio che ciò ancora è vanità.
16. Perciocchè non vi sarà giammai più memoria del savio, come nè anche dello stolto; conciossiachè nei giorni vegnenti ogni cosa sarà già dimenticata. E come muore il savio così muore anche lo stolto.
17. Perciò ho odiata questa vita; imperocchè le opere che si fanno sotto il sole mi son dispiaciute; perchè ogni cosa è vanità, e tormento di spirito.
18. Ho eziando odiata ogni mia fatica che io ho durata sotto il sole, la quale io lascerò a colui che sarà dopo di me.
19. E chi sa s'egli sarà savio, o stolto? e pure egli sarà signore d'ogni mia fatica, intorno alla quale mi sarò affaticato, ed avrò adoperata la mia sapienza sotto il sole. Anche questo è vanità.
20. Perciò, mi son rivolto a far perdere al mio cuore la speranza d'ogni fatica, intorno alla quale io mi sono affaticato sotto il sole.
21. Perciocchè vi è tale uomo, la cui fatica sarà stata con sapienza, con conoscimento, e con dirittura; il quale pur la lascia per parte a chi non s'è affaticato intorno. Anche questo è vanità, e gran molestia.
22. Perciocchè, che cosa ha un tale uomo di tutta la sua fatica, e del tormento del suo spirito, con che egli si affatica sotto il sole?
23. Conciossiachè tutti i suoi giorni non sieno altro che dolori, e le sue occupazioni altro che molestia; anche non pur di notte il cuor suo non riposa. Questo ancora è vanità.
24. Non è egli cosa buona nell'uomo, ch'egli mangi e beva, e faccia goder di beni l'anima sua, con la sua fatica? Anche questo ho veduto esser dalla mano di Dio.
25. (Perciocchè, chi mangerebbe, e chi goderebbe, se io nol facessi?)
26. Conciossiachè Iddio dia all'uomo, che gli è grato, sapienza, conoscimento ed allegrezza; ed al peccatore, egli dà occupazione di adunare e di ammassare, per dare a colui che è grato a Dio. Questo ancora è vanità, e tormento di spirito.