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Romani 7 IRB20

« Il cristiano è affrancato dalla legge

1. O ignorate voi, fratelli (poiché io parlo a persone che hanno conoscenza della legge), che la legge ha potere sull’uomo per tutto il tempo che egli vive?

2. Infatti la donna sposata è per legge legata al marito mentre egli vive, ma se il marito muore è sciolta dalla legge che la lega al marito.

3. Perciò se, mentre vive il marito, lei diventa moglie di un altro uomo, sarà chiamata adultera, ma se il marito muore, lei è libera da quella legge; così non è adultera se diventa moglie di un altro uomo.

4. Quindi, fratelli miei, anche voi siete morti alla legge mediante il corpo di Cristo, per appartenere a un altro, cioè a colui che è risuscitato dai morti, e questo affinché portiamo del frutto a Dio.

5. Poiché, mentre eravamo nella carne, le passioni peccaminose, suscitate dalla legge, agivano nelle nostre membra per portare frutto per la morte,

La legge e il peccato nell’uomo

6. ma ora siamo stati sciolti dai legami della legge, essendo morti a quella che ci teneva soggetti, per cui serviamo in novità di Spirito, e non nella vecchiezza della lettera.

7. Che diremo dunque? La legge è peccato? Assolutamente no! Anzi io non avrei conosciuto il peccato, se non per mezzo della legge, poiché io non avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: “Non concupire”.

8. Ma il peccato, còlta l’occasione per mezzo del comandamento, produsse in me ogni concupiscenza, perché senza la legge il peccato è morto.

9. Ci fu un tempo nel quale io vivevo senza legge, ma, venuto il comandamento, il peccato prese vita e io morii

10. e il comandamento, che era inteso a darmi vita, risultò che mi dava morte.

11. Perché il peccato, còlta l’occasione per mezzo del comandamento, mi trasse in inganno e, per mezzo di esso, mi uccise.

12. Così la legge è santa e il comandamento è santo, giusto e buono.

13. Ciò che è buono diventò dunque morte per me? Assolutamente no! Ma è il peccato che mi è divenuto morte, perché si palesasse come peccato, causandomi la morte mediante ciò che è buono affinché, per mezzo del comandamento, il peccato diventasse estremamente peccante.

14. Noi sappiamo, infatti, che la legge è spirituale, ma io sono carnale, venduto schiavo al peccato.

15. Perché io non approvo quello che faccio, poiché non faccio quello che voglio, ma faccio quello che odio.

16. Ora, se faccio quello che non voglio, riconosco che la legge è buona

17. e allora non sono più io che lo faccio, ma è il peccato che abita in me.

18. Difatti, io so che in me, vale a dire nella mia carne, non abita alcun bene, poiché in me si trova il volere, ma non il modo di compiere il bene.

19. Perché il bene che voglio, non lo faccio, ma il male che non voglio, quello faccio.

20. Ora, se ciò che non voglio è quello che faccio, non sono più io che lo compio, ma è il peccato che abita in me.

21. Io mi trovo dunque sotto questa legge: che volendo fare il bene, il male si trova in me.

22. Poiché io mi diletto nella legge di Dio, secondo l’uomo interiore,

23. ma vedo un’altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente e mi rende prigioniero della legge del peccato che è nelle mie membra.

24. Misero me uomo! Chi mi libererà da questo corpo di morte?

25. Grazie siano rese a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore. Così dunque io stesso con la mente servo la legge di Dio, ma con la carne la legge del peccato.

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